Antica Chiesa di San Giorgio

Ultima modifica 10 ottobre 2022

L’Agnelli da’ una definizione abbastanza secca dell’antica chiesa di Montanaso “l’ornamento principale del paese non è certo la chiesa, ma un edificio rettangolare con cortile anteriore, chiuso da un cancello, situato fra due corpi di case con bianca facciata, stile rinascimento” cioè il cosiddetto Palazzone; la chiesa ad esso confinante, non di grandi dimensioni, si presentava come un edificio a una sola navata terminante con l’abside dell’altare maggiore, ed è ancor oggi visibile in piazza Corradi anche se risulta in condizioni precarie. Interessante è il primo inventario degli arredi e dei paramenti conservati presso questo edificio di culto che risale al 1562, che ci viene fornito dal gerente della chiesa il presbitero Domenico De Belavilis, durante la visita pastorale del 1562: “un palio di panno rosso, una croce, candelieri in ottone in numero di 6, una pianeta di panno . con la crosera di panno rosso frutta, una pianeta di .. rosso con la croce di seta et li suoi paramenti per dir messa, tovaglie 4, tovagliole 3, 1 cresimino, una bacilotta d’ottone, un calice con la coppa d’argento con il piede et una patina di rame sopra dorato con la sua cassa, una pietra sacrata, corporali in numero di 4, un iectorino. una lampada d’ottone, duoi ceroferari, una croce di legno due campane con le sue corde”. La chiesa, in quell’anno è ancora senza rettore, che avrà a partire dal 1583 nella persona di Paolino Onorato, e solo dal 1584 verrà censita parrocchia con intitolazione a San Giorgio Martire come si evince dal riordinamento della struttura territoriale ecclesiastica del lodigiano.
Non ci è. dato sapere a quando risale la presenza del culto di San Giorgio Martire a Montanara, forse ai lontani tempi delle Crociate. Riportando ciò che scrive il Pettinari sembra che il cullo devozionale avesse una grande diffusione in ambito rurale (l’etico del nome infatti è un riferimento all’agricoltura). Oltre che a Montanaso. San Giorgio risultava patrono a Casaletto Lodigiano. Dresano. Maccastorna. Basiasco e San Giorgio in Prato e la sua festa veniva celebrata il 23 aprile data che sanciva la scadenza dei contratti dei “bergamini” che avevano svernato nelle cascine della pianura lodigiani e si apprestavano a ritornare ai loro monti. Dalla pastorale Bossi datata 1583, traiamo alcune informazioni in dettaglio relative agli esterni e agli interni della chiesa di San Giorgio. Quello che ci rimanda lo scritto è purtroppo una descrizione che ci fornisce un quadro desolante e che sottintende la povertà e l’incuria in cui versavano il rettore e i suoi parrocchiani. Esternamente la facciata dell’edificio presentava una larga apertura sul frontespizio e un piccolo ingresso di legno, la copertura del tetto era ruinoso e piogge copiose affluivano al suo interno: il campanile era definito indecente, con le funi che servivano per il suono delle campane penzolanti troppo vicine all’altare. La chiesa inoltre aveva due accessi laterali contigui alle abitazioni vicine, e perciò praticamente inaccessibili ai parrocchiani. Il cimitero per le sepolture dei parrocchiani, era sito all’aperto, senza alcun simbolo religioso. Dando una sguardo all’interno si notavano due altari: uno chiamalo Maggiore che recava una piccola lapide, dotato di una pradella troppo alta, e l’altro con dedicazione alla Vergine Maria, situato troppo a ridosso dell’altare Maggiore. Non esisteva un vero e proprio battistero, ma una sorta di surrogato rappresentato da un vaso sacro che veniva utilizzato per le funzioni dei battesimi e delle cresime. Non vi era luogo da adibire a sacrestia, non esisteva un confessionale, nè una recipiente per l’acqua benedetta se non uno indecente che si trovava vicino all’ingresso. Le poche suppellettili di cui disponeva il parroco erano quelle già descritte nel 1562, che appartenevano alla Marchesa Giustina Este. Annessa alia chiesa vi era la dimora del primo parroco di Montanaso il già citalo don Giovanni Paolo Onorato di soli 28 anni. La pastorale puntualmente ci informa sulla sua persona: sappiamo che era un sacerdote ordinato, celebrava quotidianamente la messa oltre che nei giorni festivi, insegnava la dottrina Cristiana e teneva i sermoni al popolo. Percepiva di stipendio dalla comunità lire 200. Durante la visitazione del Taverna nel 1602 furono stabilite per decreto una serie di migliorie da apportare all’interno dell’edificio e da realizzare alcune in pochi mesi, altre in pochi giorni. Tra le disposizioni impartite, quelle che prevedevano la corretta conservazione dell’olio sacro “ad formam praescripta”, la sistemazione della Croce sopra l’altare, il riadattamento della cappella maggiore e della sacrestia. Qualcosa faticosamente venne attuato dato che nel 1621 la fonte battesimale, il tabernacolo con altri arredi e l’altare maggiore furono giudicati decenti dal Seghizzi. La tenuta dei libri parrocchiali al contrario era considerata largamente insufficiente: i registri dei decessi non erano conservati secondo la forma e quello “confirmatorum” non c’era.
Ne! 1627 prosegue la sistemazione dell’edificio della chiesa con il riadattamento della copertura dei tetti della chiesa, e dell’ingresso silo nella parte sinistra che non permetteva ancora l’accesso ai parrocchiani, l’apposizione di una croce di legno presso il cimitero. Altre disposizioni impartite dal vicario foraneo ponevano l’attenzione sul corretto utilizzo dei colori liturgici nei paramenti sacri durante le funzioni e sulla tenuta dei registri parrocchiali.
Nel frattempo, esattamente nel 1619, la parrocchia viene posta sotto il vicariato di Mulazzano e vengono istituite nello stesso anno le confraternite del Santissimo Sacramento e della Dottrina Cristiana. In quegli anni era rettore don Francesco Vanelli. Agli abitanti vengono richieste informazioni sulla sua amministrazione liturgica. A detta loro il sacerdote (che abitava con il fratello et nullam ancillam) risultava diligente e espletava correttamente le sue funzioni di pastore d’anime, annualmente percepiva dal comune di Montanaso per i suoi servizi 250 lire e altre 200 che provenivano dagli emolumenti per “le funzione religiose tenute altrove”.

Nel 1676 la parrocchiale si arricchisce di una statua scolpita di San Antonio di Padova che viene posta all’interno dell’edificio, in una nicchia alla destra dell’altare Maggiore. Il vescovo Barlomeo Menatti (1673 – 1702), chiamava il rettore di Montanaso Cortesino a benedire il manufatto e concedeva che si facesse una processione con la stessa fino alla chiesa “la proxima prima domenica di settembre..”; raccomandava però, “che tal processione si faccia col dovuto decoro e devozione…”. Altri particolari degli interni li apprendiamo nel 1679 dall’inventario delle cose “tanto mobili, quanto imobili della Chiesa Parochiale di San Georgio del Iocho di Montanaso che cita tra l’altro il confessionale di legno rosso corredato da due candelieri di ferro, il fonte battesimale marmoreo, dotato di una chiusura di rame e noce e corredato da una bacinella, anch’essa di rame, i due altari sorretti da baldacchini: dì cui l’altare maggiore fornito di un tabernacolo di legno dorato sopra il quale pendeva una croce d’ottone. Il lungo elenco riporta che a fianco dell’altare si trovava un’altra croce che veniva utilizzata per le processioni e fissata anch’essa “in un piede d’ottone” e che oltre alla statua di San Antonio trovavano posto quelle di San Giorgio patrono della parrocchia, e quella di San Carlo: erano inoltre repertoriati in dettaglio i pezzi del corredo e degli arredi parrocchiali quali: pallij, pianete, fazzoletti, corporali, messali, scatole per le ostie sacre, cotte, stole, tovaglie, candelieri, vasellame, pissidi. Nel 1692 il rettore Giacomo Filippo Gelmino abbellisce la chiesa con un’immagine della “Beata Vergine de sette dolori…per sua divozione e de suoi parrocchiani”. Tra il 1725 e il 1726 la chiesa di Montanaso è oggetto di continui lavori di ristrutturazione e sistemazione, tra cui l’adattamento dei letti, della pavimentazione e della casa parrocchiale. E” del 1726 il documento conservato presso la curia vescovile redatto da Giulio Antonio Beria rettore di Monlanaso citato dal Pettinari da cui emergono altri particolari relativi agli interni dell’edificio di culto e che volentieri riportiamo: “un tabernacolo di noce allo Altare con sua custodia, sostenuta da sei colonette intagliate, ed in diversi parti adorato, nel mezzo la SS.V.M. Addolorata”. “L’altare formato con due grandi e rose adorate”. Due statue dì legno che rappresentano S. Giorgio e S. Carlo, vecchie senza reliquie”. “Nel coro un crocifisso di legno senza velo”, “Una statua con sua nizza della B.V.M. dalla parte del vangelo nel Presbitero con sua invetriata, e cornice ed intagli nelli quatro angeli adorati, con sua tendina fiorita”. “Due quadri. Un grande che rappresenta un Crocifisso con S. Giovani e la Vergine. e l’altro più piccolo che rappresenta S. Antonio da Padova”. “Una scala che serve per scendere il campanile, sopra del quale vi sono due campane piccole con sue corde e due campanini..”, “un pulpito parimente di noce”.
Tra il 1732 e il 1746 alcuni rifacimenti interessano il soffitto della camera del pulpito e l’allungamento a coda di rondine del tetto “vicino alla cucina, al fine di ottenere un riparo per la legna”. Anche la porta principale dell’edificio, che è l’attuale, viene costruita in questi anni. Nel 1772. l’altare di noce viene sostituito con uno più consono dì marmo e benedetto dal parroco Domenico Antonio Marchese. Nel 17B6 si ha notizia di una petizione da parte degli abitanti di Montanaso per riparare la parrocchiale e la casa del parroco. I lavori secondo la relazione Codazzi dovevano interessare il soffitto, le scale, i ripiani del campanile.
Un ultima informazione che traiamo dalla visita pastorale di Berelta: presso la parrocchiale di Montanaso esisteva una cappellania “istituita dalla signorina Marchesa Donna Olimpia Pallavicini Triulzi”. che fu trasportata dalla Chiesa prepositurale di San Fiorano a seguito delle istanze fatte alla Santa Sede il 25 aprile 1755″‘, “perche’ non è altra messa che la festiva per li cassinnaggi disparsi e lontani le strade cattive in tempo d’inverno”.

(notizie tratte da “Storia di Montanaso Lombardo e Arcagna dalle origini al XX secolo” di V. Sala)


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